Atlantide - l'ultima verità

M'é capitato tra le mani il libro di Jim Allen "Atlantis, the Andes solution" che è stato pubblicato in Italia dalla Sperling & Kupfer con il titolo troppo facilmente smentibile di "Atlantide - l'ultima verità" (il libro è del 1998 e da allora di "verità" su Atlantide ne sono venute fuori parecchie altre).

OK, si tratta di un cumulo di sciocchezze. Ma, in un qualche suo particolare modo, anche questo testo ha qualcosa di interessante da offrire. Almeno così m'è parso.

Già la prefazione, una paginetta scarsa del colonnello John Blashford-Snell (JBS), mostra quale possa essere l'atteggiamento più condiscendente che si possa tenere nei confronti dell'autore. Il colonnello ci dice che "Allen ha sicuramente scoperto qualcosa". Su cosa sia mai questo qualcosa, JBS non si sbilancia.

Che dire, Allen ha una idea perlomeno bizzarra, ma almeno riesce a mantenere una certa onestà nel raccontare i fatti, e non si fa problemi di citare fatti che il lettore può ben interpretare in deciso contrasto con quella che è la sua tesi.

Dunque, secondo lui, Atlantide sarebbe stata in Bolivia.

Perché lì? Perchè il vero nome del Sudamerica è Atlantis! O almeno, sarebbe stato il "nome più logico", dato che un quarto dell'antico impero inca era chiamato Antisuyo, il regno degli Anti, e che Atl è il termine che nella lingua azteca nahuatl significa acqua. E dato che l'acqua era fondamentale nella civiltà azteca come pure in quella inca, un nome che metta insieme l'acqua e il nome di un popolo è certamente il nome più adatto per quel subcontinente.

Ipotesi affascinante, ma evidentemente priva di ogni fondamento. E soprattutto priva di ogni riscontro. E diciamo pure che è priva di ogni logica, se non quella di volere a tutti i costi sostenere ciò che è in realtà indifendibile.

Dopo qualche pagina in cui Jim dà confuse spiegazioni sul come sia arrivato a identificare la zona, ci dice come stanno davvero le cose: "In realtà, avevo sempre avuto un remoto, romantico interesse nei confronti dell'America del Sud".

Insomma, il buon Jim voleva che Atlantide fosse in Sudamerica e ha cercato di fare in modo di estrapolare dalle sue fonti quanto potesse avvalorare la sua ipotesi. Ha perciò minimizzato i fatti contrari e magnificato quelli favorevoli. In pratica il risultato è un simpatico esercizio di stile ma con una rilevanza scientifica prossima allo zero.

La parte migliore del libro è, secondo me, il decimo capitolo in cui l'autore racconta la sua "spedizione" alla ricerca di Atlantide. In pratica è andato come turista in Bolivia, ha ottenuto, con gran fatica, una fotografia aerea della zona. Ha noleggiato un fuoristrada, ha raggiunto, dopo qualche contrattempo, la zona, ha scattato alcune foto e ha misurato, contando i passi, la larghezza di un canale. Maggiori ossevazioni sono state impedite da un cane selvatico di cui Jim ha temuto il morso.

Ma anche il capitolo successivo non è male. Lì si raccontano le traversie che hanno preceduto la rivelazione al mondo del fatto che Atlantide sarebbe in Bolivia. Il buon Jim ha chiesto aiuti a destra e a manca per supportare la sua intuizione, e ha avuto pure saggi consigli come questo: "se vuole avere un finanziamento per studiare Atlantide in Bolivia, non faccia menzione di Atlantide", Jim capisce che è ragionevole "ma io ovviamente non lo seguii" dato che non vuole tanto studiare la zona, quanto divulgare la notizia sulla locazione di Atlantide.

Penso che sia proprio questo il problema di Jim: non capisce il metodo scientifico. Se davvero Atlantide fosse in Bolivia, il modo migliore di provarlo sarebbe quello di andare in loco, studiare la località, trovare reperti. Dai risultati sul campo seguirebbe poi l'interpretazione più naturale (che a mio parere potrebbe comunque difficilmente essere in linea con le aspettative di Jim).

L'approccio antiscientifico di Jim evidentemente cozza con l'impostazione culturale degli interlocutori che si cerca. Jim ci racconta di una serie di stroncature che ha ricevuto, compresa quella in cui il suo lavoro viene definito far parte della "frangia folle dell'archeologia" - cosa non difficile da sostenere, del resto.

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