Vino tradatese

Continuando a parlare del vino tradatese (pissarel o pissarell che sia), non che si trovino documenti che ne dicano qualcosa di sensato, mi rifugio allora nella poetica del Porta. Riapro le sue Poesie edite e inedite, raccolte nel volume pubblicato da Hoepli, e questa volta vado alla poesia XXVIII: Brindes de Menighin all'ostaria. Ditiramb per el matrimonni de S.M. l'Imperador Napoleon con Maria Luisa arziduchessa d'Austria.

Salto pagine non essenziali, e arrivo dritto dritto al punto interessante:

...

L’ann passaa giust de sti dì,
me regord - che quij Milord
me l’han missa in cinqu quattrin;
ch’han tentaa de casciann chì
di bonn lamm per spongà vin.

El san ben Buragh, Tradaa,
Montaveggia, Oren, Maggenta
Canegraa, Busser, Masaa,
Pilastrell - Scioccon, Groppell,
quanci lacrem, quanc sospir,
quanci affann, quanci dolor
m’hin costaa quij so bej fir,
quij sòo toppi, quij vidor.


Oltre al fatto che il Porta citi Tradate in accoppiata col vino, c'é pure da notare una vena di veggenza nel sommo poeta lombardo. Infatti le ultime righe citate, tradotte sommariamente suonano come:

quante lacrime, quanti sospiri,
quanti affanni, quanti dolori
mi son costati quei loro bei filari,
quelle loro pergole, quei vigneti.

Che, date le spese pazze che pare si vogliano fare a Tradate per fare una qualche bottiglia di vino, sono parole che suonano davvero profetiche.

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